Ordinanza n. 34 del 2023

ORDINANZA N. 34

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco DALBERTI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 16 febbraio 2022 (doc. IV-quater, n. 3) in merito all’insindacabilità dei fatti ascritti al senatore Mario Michele Giarrusso, promosso dal Tribunale ordinario di Potenza, sezione civile, con ricorso depositato in cancelleria il 23 maggio 2022 ed iscritto al n. 12 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2022, fase di ammissibilità.

Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 2023 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

deliberato nella camera di consiglio del 6 febbraio 2023.

Ritenuto che con ricorso depositato il 23 maggio 2022 (reg. confl. pot. n. 12 del 2022), il Tribunale ordinario di Potenza, sezione civile, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in riferimento alla deliberazione del 16 febbraio 2022 (doc. IV-quater, n. 3) con la quale il Senato della Repubblica ha affermato che le dichiarazioni rese al quotidiano «La Verità» l’8 giugno 2020 dal senatore Mario Michele Giarrusso fossero state espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari, e, pertanto, fossero riconducibili alla garanzia di insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che il ricorso è promosso nell’ambito del giudizio civile di risarcimento danni avviato nei confronti del senatore Giarrusso da parte del dott. Francesco Basentini, già capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP), a seguito della pubblicazione dell’intervista sopra indicata, e reputata diffamatoria;

che il Tribunale ricorrente riferisce che l’attore si ritiene leso nella propria «dignità personale» da due affermazioni contenute nell’intervista, la prima relativa all’«accostamento del proprio nome» alla cosiddetta «banda Palamara»; la seconda concernente un incontro che il dott. Basentini avrebbe avuto in carcere con il detenuto Michele Zagaria, che vi era recluso, (alla presenza di un terzo, verosimilmente appartenente ai «servizi segreti»), in seguito all’adozione, da parte del DAP, di una circolare che avrebbe condotto alla scarcerazione di persone di «altissima caratura criminale», e il cui contenuto sarebbe stato sollecitato da tali persone, fomentando rivolte nelle carceri;

che l’attore nel giudizio civile afferma si tratterebbe di circostanze falsamente rappresentate;

che riferisce in particolare il Tribunale ricorrente, nell’intervista dell’8 giugno 2020, il senatore Giarrusso ha sostenuto che il capo del DAP apparteneva alla «banda Palamara», e faceva riferimento a quest’ultimo, con il quale avrebbe avuto un rapporto di particolare «intimità» e che a seguito delle vicende legate alla persona di Palamara sarebbero sopraggiunte le dimissioni di numerosi funzionari del Ministero della Giustizia;

che, secondo quanto dichiarato dal senatore Giarrusso, vi sarebbe stato un lungo colloquio in carcere tra il dott. Basentini e Michele Zagaria, recluso nelle forme di cui all’art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), alla presenza della direttrice dell’istituto penitenziario e di una terza persona non identificata, verosimilmente appartenente ai servizi segreti;

che tale colloquio sarebbe stato collegato alla adozione, avvenuta in precedenza, della circolare del 21 marzo 2020, con la quale il direttore generale dei detenuti e del trattamento, a mezzo della «dirigente di turno», aveva stabilito che gli istituti penitenziari avrebbero dovuto segnalare all’autorità giudiziaria i nominativi dei detenuti a rischio di «complicanze» sanitarie dovute al COVID-19. In tale segnalazione il senatore Giarrusso ha colto una richiesta di «scarcerazione» di «mafiosi» siciliani avanzata dal DAP alla magistratura di sorveglianza;

che, con la richiamata circolare del 21 marzo 2020, sarebbero state accolte le istanze avanzate dalla «criminalità organizzata», con un «papello di richieste» sostenuto con rivolte nelle carceri;

che la natura «scottante» della circolare indicata sarebbe stata comprovata dal fatto che essa non era stata sottoscritta dal dott. Basentini, con il benestare del quale l’atto sarebbe stato emanato, ma da una funzionaria di livello inferiore, per «scaricare su qualcun altro la responsabilità»;

che per di più, sarebbe significativo che la circolare sia stata emanata di sabato, «con gli uffici amministrativi chiusi», per non destare l’attenzione delle «direzioni che s’occupano di 41-bis o di salute dei detenuti»;

che il Tribunale ricorrente prende atto della delibera del 16 febbraio 2022, con la quale il Senato della Repubblica, accogliendo la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, ha ritenuto che le dichiarazioni così riassunte fossero insindacabili, ma reputa, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, che esse non siano meramente divulgative di alcun atto assunto nell’esercizio della funzione parlamentare;

che, in particolare, il Tribunale si sofferma sull’interrogazione presentata dal senatore Giarrusso al Ministro della giustizia il 28 maggio 2020 (interrogazione a risposta scritta doc. n. 4/03566) e già valutata dalla Giunta;

che con tale atto, dopo avere accennato alle dimissioni rassegnate da alcuni dirigenti del Ministero della giustizia in seguito alle «cosiddette intercettazioni Palamara», il senatore Giarrusso interroga il Ministro sul collegamento tra le rivolte nelle carceri del 2020, un «papello» di richieste avanzate dai detenuti, e la circolare del DAP del 21 marzo 2020, che lo avrebbe recepito, conducendo alla «scarcerazione di quasi 500 mafiosi»;

che in tale contesto vi sarebbe stato un colloquio in carcere tra il dott. Basentini e il detenuto Michele Zagaria, «figura apicale del clan dei Casalesi», alla presenza di una persona «ignota». A tale proposito, l’interrogazione richiama un presunto accordo tra «rami dei servizi segreti e l’amministrazione penitenziaria», «volto a favorire rapporti diretti e riservati con mafiosi all’interno delle carceri»;

che il senatore Giarrusso chiedeva anche di sapere perché la circolare del 21 marzo 2020, emanata di sabato, fosse stata sottoscritta da una dirigente, anziché dal «direttore generale» o dal «capo del DAP»;

che il Tribunale esclude che l’interrogazione del 28 maggio possa avere rilievo, anzitutto per lo «iato temporale» tra la stessa e le dichiarazioni rese a mezzo stampa del successivo 8 giugno;

che vi sarebbe una sovrapposizione di contenuti solo parziale;

che, secondo il Tribunale, con l’interrogazione del 28 maggio il senatore Giarrusso non avrebbe in alcun modo alluso alla «banda Palamara», né si sarebbe riferito alla «dismissione della responsabilità» da parte del dott. Basentini in occasione della firma della circolare del 21 marzo 2020, né avrebbe menzionato la circostanza che l’adozione dell’atto di sabato avrebbe avuto la finalità di sottrarre la circolare a controllo di altre direzioni ministeriali;

che in definitiva, la mera «parziale corrispondenza contenutistica» non sarebbe idonea a «conferire alle dichiarazioni rese in sede di intervista un’attitudine comunicativa dell’attività parlamentare»;

che il Tribunale ricorrente ne conclude che la delibera di insindacabilità debba essere annullata da questa Corte.

Considerato che, con ricorso depositato il 23 maggio 2022 (reg. confl. pot. n. 12 del 2022), il Tribunale ordinario di Potenza, sezione civile, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in riferimento alla deliberazione del 16 febbraio 2022 (doc. IV-quater, n. 3) con la quale il Senato della Repubblica ha affermato che le dichiarazioni rese al quotidiano «La Verità» l’8 giugno 2020 dal senatore Mario Michele Giarrusso fossero state espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari, e, pertanto, fossero riconducibili alla garanzia di insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost.;

che, in questa fase del giudizio, questa Corte è chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto sia insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i predetti poteri da norme costituzionali, restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;

che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione attiva del Tribunale di Potenza a promuovere conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, nell’esercizio delle funzioni attribuitegli, la volontà del potere cui appartiene (ex plurimis, ordinanze n. 35 del 2022 e n. 148 del 2020);

che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione passiva del Senato della Repubblica a essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicazione dell’art. 68, primo comma, Cost. (ex plurimis, ordinanze n. 148 e n. 69 del 2020);

che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantite, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per insussistenza dei relativi presupposti, del potere spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse da un membro di quel ramo del Parlamento ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.;

che, dunque, esiste la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte (ex plurimis, ordinanze n. 35 del 2022 e n. 148 del 2020).

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Tribunale ordinario di Potenza, sezione civile, nei confronti del Senato della Repubblica, indicato in epigrafe;

2) dispone:

a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al predetto giudice, che ha promosso il conflitto di attribuzione;

b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2023.